Non solo biomasse Valsugana a rischio

18/01/2016 - Non solo biomasse Valsugana a rischio

 Pure non essendo un tema "meteo" ci tengo molto a pubblicare questa bellissima lettera di Walter Arnoldo, Presidente dell'Associazione Albergatori (ASAT) di Levico Terme, i cui contenuti condivido e sottoscrivo pienamente. Complimenti a Walter, sperando che riesca nel suo obiettivo di sensibilizzazione dell'opinione pubblica. La lettera è stata pubblicata dal quotidiano L'Adige (con richiamo in prima pagina) domenica 17 gennaio 2016.

Qui sotto la versione testo, in allegato il pdf. 

Non solo biomasse:
Valsugana a rischio


WALTER ARNOLDO

(segue dalla prima pagina)

L a Valsugana è a tutti gli effetti una valle del Trentino e la maggiore industria di questa fortunata terra, è senza ombra di dubbio o smentita, il turismo. 
In questo momento però, non solo da operatore turistico impegnato a Levico, vorrei esprimere le mie paure e le mie, ritengo più che legittime, perplessità, a riguardo dell'impianto a biomasse previsto in costruzione a Novaledo, visto soprattutto dalla parte di un semplice cittadino appartenente ad una comunità, rendendomi conto che sicuramente, dal punto di vista ambientale, è uno dei temi più caldi e discussi del momento.
Un semplice cittadino, ho scritto, che purtroppo nella sua vita ha avuto modo di «confrontarsi» con malattie piuttosto importanti e che ad oggi non trovano ancora delle spiegazioni scientifiche sulla loro origine o causa, ma dove gli aspetti legati alla qualità dell'ambiente, a quanto emerge da autorevoli studi medici recentissimi e di livello internazionale, sembra abbiano un'influenza sempre maggiore. Insomma, la non certo lusinghiera compagnia di un linfoma fa maturare dentro di se una sensibilità maggiore nei confronti di certi temi e di certe problematiche legate alla terra, all'acqua, e soprattutto, all'aria che respiriamo.
Ma ci sono anche tante altre domande, oltre a quelle sulla salute, alle quali non riesco a dare una risposta o una spiegazione logica, da cittadino della Valsugana e del Trentino, a riguardo di questa centrale da collocarsi nel cuore nevralgico della vallata nella quale vivo. 
Per esempio, perché un territorio purtroppo considerato sicuramente meno importante dal punto di vista turistico, ma non certo da quello naturalistico, è da sempre così sfortunato nella sua storia recente e non.
Discariche abusive a Monte Zaccon, compostaggio nauseabondo a Novaledo, un'acciaieria a Borgo, un'arteria stradale fra le più trafficate e inquinanti della Provincia (la ciliegina sulla torta sarebbe il prolungamento della Valdastico...), fabbriche di asfalto, e, notizia di pochi giorni fa, anche un nuovo impianto a biogas a Villa Agnedo... Insomma noi valsuganotti non siamo proprio messi bene! E non ci aiuta certo la morfologia della valle, stretta di suo, dove l'aria ristagna, a volte, quando non tira un po' di vento e che quindi, per quanto il sottoscritto sia ignorante in materia, non è certo paragonabile ad altre realtà e ad altre esperienze che sul loro territorio già convivono con impianti similari.
Mi chiedo anche perchè un'industria così importante e fiorente, una delle poche di spessore internazionale in valle, produttrice di alimenti fortemente se non esclusivamente legati alla natura, e quindi all'ambiente, oltre a mettere in discussione le peculiarità e la salubrità legate alla materia prima di cui fa grande uso, rischia di tirarsi addosso una massiccia dose di contrarietà e avversione ormai sempre più palpabili o nell'aria, per restare in tema.

O ffrire nuovi posti di lavoro, forse a scapito della salubrità dell'ambiente e degli abitanti di una valle che ti ha accolto a braccia aperte, non mi sembra certo la mossa più opportuna o azzeccata o strategicamente vincente.
Perché fior di studiosi, medici, ricercatori, considerano gli impianti a biomassa inquinanti e pericolosi per la salute pubblica e dell'ambiente? Io credo non sia solo per rompere le scatole, che non siano solo i «soliti ambientalisti»...
Siamo veramente così sicuri che quello che ci apprestiamo ad immettere nell'aria della Valsugana, non abbia nessuna ripercussione sulla salute delle persone e dei nostri bambini? 
Non è questo un rischio più grosso, cioè quello di essere magari domani responsabili della malattia anche di un solo bambino, di un vostro/nostro figlio, rispetto all'incognita imprenditoriale legata «semplicemente» ad un investimento economico? Non credete che i conti con la propria coscienza, potrebbero essere ben più pesanti e salati di quelli nei confronti di un istituto di credito o del rispetto degli interessi prospettati da un pur allettante business plan? 
E per i cittadini, soprattutto di Novaledo, Levico, Roncegno, Borgo, va veramente tutto bene? Ma giovani mamme e papà dell'Alta Valsugana, come della Bassa, non siete francamente un po' preoccupati? E i contadini cosa ne pensano? Che senso ha organizzare convegni dove si esalta l'indiscusso valore anche del suolo agricolo della Valsugana (vedi Progetto Life + T.E.N, istituito dalla stessa Provincia Autonoma di Trento), valorizzando e investendo su prodotti unici, spesso «biologici» (vanno tanto di moda...), se non si tiene conto degli elementi naturali che permettono, con il lavoro dell'uomo, di arricchire, valorizzare e sostenere l'agricoltura di montagna? Per usare un gergo trentino che in questo frangente trovo molto pertinente, «l'è come darse la zapa sui pei...»: semini bene, per poi razzolare male.
Anche i nostri politici dovrebbero farsi delle domande. Ma la Valsugana non è già considerata una valle «degradata», con equilibri ambientali compromessi e già da anni borderline in questo delicatissimo aspetto legato all'aria, all'acqua, alla terra? Non erano state fatte delle promesse e prese delle posizioni, anche ad alto livello, contrarie ad appesantire ulteriormente il carico inquinante, da Trento a Tezze? Aggiungere altro potenziale materiale contaminante, per quanto filtrato, controllato, «garantito» che potrebbe derivare da una centrale a biomasse, non rischia di far tracimare pericolosamente questa già fragile linea ambientale, con rischi sulla salute pubblica dei cittadini, degli uomini, delle donne, dei bambini futuri di un lembo di Trentino? Ma è stata fatta un'analisi seria di quello che in ogni progetto che si rispetti, si definisce «impatto ambientale»?
Se io fossi un politico, non dormirei la notte, se avessi questi, credo legittimi e inevitabili, dubbi a tormentare le mie ore notturne e il mio senso di responsabilità per il bene comune. Ma consentire e addirittura compartecipando finanziariamente ad un'operazione del genere, non rischia di cozzare anche con gli interessi di altre importanti realtà economiche della Valle, con la responsabilità oggettiva di rispondere di parecchie centinaia di posti di lavoro, legati al turismo in primis, ma a catena anche al commercio, all'artigianato, all'agricoltura, agli istituti di credito? Sono almeno 800 le persone che nella sola Levico, come dipendenti degli alberghi e delle Terme, gravitano attorno al turismo: il lavoro di queste persone, non va protetto alla stregua di quello dei 260 dipendenti della Menz & Gasser?! Chi potrà tutelare, difendere o risarcire l'innegabile danno d'immagine, che aldilà del fatto che il camino del forno sia dannoso o meno per la Valsugana, inevitabilmente ricadrà su Levico Terme e la sua offerta turistica?

P ersonalmente trovo questa decisione, che purtroppo è anche politica, condizionata ancora una volta dall'approssimazione, dalla superficialità, dall'impreparazione di uomini «normali», come lo saremmo probabilmente noi al posto loro, che si trovano a dover governare e decidere per tutti, e dove inevitabilmente mancano le cognizioni e la preparazione specifica, e forse il coraggio..., che servirebbe ad affrontare certe tematiche, che coinvolgono fra le altre la medicina e la salute delle persone o l'ecologia. E scusate se è poco...
Ma un conto è sbagliare un voto per una mozione politica e mettere a rischio il bilancio di un'intera Regione, perché dietro a quei banchi dove si decidono anche rilevanti aspetti economici forse ci si è addormentati un attimo, quel giorno, e un conto è essere chiamati a discutere di problemi che potrebbero coinvolgere la salute proprio di quei cittadini dai quali si è ricevuto un consenso politico. 
Il 26 marzo prossimo saranno due anni esatti dal trapianto del midollo al quale sono stato sottoposto nel 2014. Quali siano le cause e i perché un uomo debba nella sua vita essere soggetto a certi calvari legati alla salute, per ora rimangono solo fra le mie inquietanti e a volte dolorose domande: certo è che in questo momento ho la sensazione di aver vinto solo una battaglia, perché la mia personalissima guerra, ormai l'ho imparato sulla mia pelle e la mia terrificante esperienza, non può certo considerarsi conclusa. Fra i miei nemici maggiori, ci sono ovviamente quelle cellule che i medici considerano «degenerative», responsabili, impazzendo, di dar vita a temibili e troppo spesso ancora fatali patologie come i linfomi e le leucemie, e io oggi, magari solo con la fantasia ma condita anche da molto cinico realismo, me lo immagino il mio povero rabberciato Dna, potenzialmente ancora debole nei confronti della malattia, per ora confinata in una riserva latente del mio organismo: lo immagino spaventato e sgomento, perché altri inquinanti, anticrittogamici, metalli pesanti e magari domani polveri sottili generate da un fantomatico «cippato», reperito chissà dove, non sono altro che armi a disposizione di un esercito virtualmente ancora molto pericoloso.

Q ueste sono le considerazioni e le tante domande penso legittime e che mi auguro le più infondate e se volete stupide possibili, di un preoccupato cittadino della Valsugana, suo malgrado per circostanze sfortunate della vita, probabilmente più sensibile a certe tematiche trattate in questa lettera rivolta agli abitanti, ma anche agli amministratori, della terra che tanto amo e che vorrei lasciare il più integra possibile, alle generazioni future. Nel 2016 in Valsugana, come del resto sta succedendo in tante altre realtà del Trentino, si dovrebbe o potrebbe discutere di «bio diversità», mentre invece il suffisso tanto di moda oggi, «bio», appunto, per noi valsuganotti riguarda ben altre tematiche.
Concludendo, mi auguro che il famoso motto «Nebbia in Valpadana», rimanga ancora identificativo di una vecchia canzone del mitico duo Cochi e Renato e di un'altra regione italiana (fra l'altro la più inquinata d'Europa!) rispetto a quest'altra nuova coppia di nomi stavolta divisi da una moderna «&» e che secondo il sottoscritto, bene farebbe a continuare ad occuparsi, con la stessa maestria e indubbia professionalità, di quello che ha fatto fino a ieri: dolce, semplice, genuina marmellata trentina...
 

 

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